“Con occhi di donna”: la storia di Campi Salentina in una rilettura “al femminile”

In questa passeggiata nella cittadina di Campi Salentina vi accompagneremo ad esplorare spazi urbani e monumenti con il cuore di donne che ne segnano la storia. Spesso non ci si sofferma abbastanza sul fatto che alcune di queste vite non sono mai state ufficialmente raccontate. È come se facessero parte di una “non storia”: esistenze fissate su un foglie che, per fortuna, hanno però lasciato tracce del loro passaggio nel mondo, consentendo a chi ha occhi per vederle di raccontarle.

Il vedere o il non vedere queste tracce non è un problema di percezione, ma di comprensione.
Possiamo parlare di “storia al femminile”. Donne che escono dalle pagine di storia del nostro territorio e prendono la parola, parlano

Dal culto della Madre Terra alla figura di Eva sulla porta di tramontana della Chiesa Matrice; dal culto della Madonna del Latte alle donne nobili come Giulia Paladini fino ad arrivare alla Regina Isabella. Dalle nobili poetesse del palazzo Marchesale alle donne te li rriputu, alle dame alle Tabacchine e alle Varine con il loro famoso sciroppo.

Ne scopriremo i luoghi di culto, i vicoli, le case e i luoghi di lavoro. Campi Salentina, l’antica Campie vi affascinerà con i suoi racconti, la sua piazza e i suoi monumenti. Un tuffo nei ricordi e una rilettura del territorio “con occhi di donna”.

Il Museo delle Tabacchine : la “Fabbrica di Don Pippi”
Il progetto del Museo delle Tabacchine, nato in una manifattura privata di Campi Salentina, intende dare nuova dignità alle tabacchine, vere protagoniste che lavoravano in questo luogo svolgendo un’attività tutta femminile, oggi scomparsa, che ha segnato profondamente il tessuto economico e sociale del Salento. Nel periodo di maggior splendore erano attivi ben 400 magazzini in cui lavoravano 400mila tabacchine, a Campi si registrava la presenza di una delle Manifatture Tabacchi più grosse, diretta da Umberto Bene, padre del celebre drammaturgo Carmelo, e insieme a questa, c’era quella privata di don Pippi Guarino.

La Fabbrica nasce per volontà del concessionario Giuseppe Guarino negli anni Venti del ‘900 nei locali adiacenti la villa di famiglia, prima adibiti a stalle e ricovero per carrozze. L’azienda a gestione familiare rimane in attività fino al 1945 producendo tabacco di qualità orientale Xanty Yakà. All’interno della fabbrica lavoravano ogni anno, da novembre a maggio, circa un centinaio di operaie tabacchine guidate dalla maestra (mescia) che impartiva gli ordini e dirigeva i lavori. Vi erano poi un falegname tuttofare che aiutava le donne nei lavori quotidiani più pesanti e una guardia incaricata dal Monopolio di Lecce che aveva il compito di aprire ogni giorno i battenti e controllare che non venissero trafugate foglie di tabacco. Il tabacchificio era costituito da un grande ambiente di circa 200mq dotato di due finestre per l’illuminazione naturale e di un grande deposito dove veniva conservato il prodotto finito (ballette di tabacco) pronto per essere consegnato alla Manifattura Tabacchi di Lecce.

Le tabacchine, di età compresa tra i 12 e i 70 anni, svolgevano circa 10 ore di lavoro al giorno, indossando quasi tutte un camicione di tela grigia e una cuffia per tenere i capelli raccolti. Diverse erano le mansioni in cui venivano impiegate: le cernitrici avevano il compito di dividere le foglie di tabacco in base alla grandezza e alla qualità; le spianatrici rendevano piana la superficie delle foglie aiutandosi con il calore o con l’apporto di umidità a seconda della stagione; le imballatrici comprimevano le foglie di tabacco utilizzando particolari telai in legno e un tornio meccanico, producendo le caratteristiche ballette rettangolari.
La moglie di don Pippi, Maria Starace, pur non seguendo l’attività del marito, si prendeva cura delle operaie della fabbrica e ogni anno, alla chiusura del ciclo di lavorazione del tabacco, organizzava nel giardino un ricco “capicanale” al quale erano invitate a partecipare tutte le operaie.

Dopo la morte di Giuseppe Guarino (1954) il figlio Antonio, oggi 98enne, abbandona lo studio di avvocatura di Roma e torna al Sud per mandare avanti l’azienda agricola di famiglia, affascinato dal mondo contadino. Il vecchio Tabacchificio del padre, ormai abbandonato, diventa il luogo di raccolta di oggetti del mondo rurale che lo stesso Antonio Guarino salva dalla dispersione, in un tempo diventato sempre più tecnologico e frenetico. Alla figlia Maria Novella si deve però la volontà di trasformare quello spazio privato e “delle meraviglie”, ricco di documenti e ricordi di un tempo perduto, in un museo pubblico che racconti il nostro passato alle nuove generazioni, e un luogo di recupero dell’identità culturale.

Floriana Maci

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