La Quaremma
Oggi voglio parlarvi di una tradizione salentina ancora molto presente nel paese in cui abito. A Latiano, piccolo comune del brindisino è possibile ancora ammirare, passeggiando per i vicoli del centro urbano, la Quaremma.
La conoscete? No? Venite a scoprirla con me …
Dopo il martedì grasso il mondo cristiano dà avvio al periodo di Quaresima con il mercoledì delle Ceneri. Quello della Quaresima è un periodo dedito alla moderazione, al ritiro e alla purificazione del corpo e dell’anima, che trova conclusione il giorno di Pasqua. Anche questo periodo viene vissuto, in molti paesi salentini, in maniera particolarmente caratteristica.
Per sancire la fine del Carnevale e l’inizio della Quaresima, viene appeso per le strade, un fantoccio di paglia dalle caratteristiche femminili che prende il nome di Quaremma.
Probabilmente il nome ha origini francesi (il nome originale potrebbe essere Careme, da cui Quaresima) e la tradizione si potrebbe far risalire al XIV secolo, quando nel territorio salentino risiedevano alcuni soldati transalpini.
La tradizione vuole che la Quaremma fosse la moglie di Carnevale (Carniali). Dopo la morte del marito, venuto a mancare per gli eccessi goliardici tipici del periodo carnevalesco, la povera Quaremma, ormai vedova, viene appesa, per le strade.
Come una Befana, la Quaremma è vestita di nero, con un fazzoletto in testa e nelle mani porta, in una, un fuso ed un filo di lana (simbolo di laboriosità e dello scorrere del tempo), nell’altra, tiene un’arancia amara chiamata “marangia” trafitta da sette penne di gallina.
L’arancia amara rappresenta simbolicamente sofferenza, penitenza e sacrificio, mentre le penne equivalgono alle sette settimane di astinenza; ogni settimana ne viene tolta una. Al termine della Quaresima il filo è ormai terminato, le penne sono state tutte tolte e l’arancia è secca; a questo punto la Quaremma viene tolta ed appesa ad un palo, così quando le campane suoneranno per dare l’annuncio della Resurrezione di Cristo ella verrà bruciata.
Così come per la Befana, anche la Quaremma è accompagnata da una filastrocca in dialetto Salentino che mi piace riportare qui di seguito:
Fila lu tiempu comu la quaremma.
Ci rimase, rimase cu la spina;
mo trase la quaremma e se disciuna,
mo ni tocca allu pane e cipuddha.
De osci nu vvau cchiu alla vuccerìa
cu lla sporteddha.
Ci tene vambacella cu lla fila,
ci nu lla tene cu vascia sse la trova.
Le palore, mara a nnui,
su’ comu le cerase,
te bbinchi ca no vvoi cchiui.
E la quaremma ca sta trase,
a nna manu porta pretiche
e all’auddha lu cilìciu
e camina chianu chianu
cu nu pozza scrufulare.
A Carnevale, ci stae cu la speranza
de l’auddhi e nu cucina,
a discinu rimane de la sira
alla matina.
Traduzione:
Fila il tempo come la quaresima.
Chi rimase, rimase con la spina;
ora entra la quaresima e si digiuna,
ora ci tocca pane e cipolla.
Da oggi non vado più in macelleria
con la sportina.
Chi ha la bambagia che la fili,
chi non ce l’ha che vada a trovarsela.
Le parole, poveri noi,
sono come le ciliegie,
ti riempi tanto da non volerne più.
E’ la quaresima che sta entrando,
in una mano porta canne
e nell’altra il cilicio
e cammina piano piano
affinché non possa scivolare.
A carnevale chi resta con la speranza
verso gli altri e non cucina,
resta a digiuno dalla sera
alla mattina.
Dal team di TMP vi invitiamo a scoprire i luoghi delle tradizioni pugliesi e salentine in nostra compagnia.
Federica Gatti
Ph Pro Loco di Latiano
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