Villa della Lupa, i giardini pubblici di Lecce
Ai margini del centro storico di Lecce, lungo il viale che conduce al castello Carlo V, si apre l’ingresso principale della cosiddetta Villa della Lupa, chiamata anche Villa Garibaldi dal 1883, ossia i giardini pubblici del capoluogo salentino che hanno visto gli albori nel primo ventennio del XIX secolo. Infatti sin dal 1818 Il Decurione della città aveva destinato a “luogo di ornamento e diporto de’ cittadini” – come si diceva allora – , un vasto appezzamento di terreno incolto, denominato “Macello di fuori” a sinistra della porta San Martino (la quarta porta della città, l’unica oggi assente poiché abbattuta nel 1826), alle spalle del Palazzo dell’Intendenza, già convento dei Padri Celestini e oggi Prefettura.
Su quell’ampio spazio, prima che fosse istituito il Foro Boario fuori porta Napoli, si svolgevano nel corso dell’anno varie fiere-mercato di bestiame, tuttavia l’Amministrazione comunale non poteva più tollerare che davanti a palazzo dei Celestini, primo pubblico edificio della Città, vi fosse tanta indecenza e fece bonificare l’area, dove presero il via i lavori per i giardini.
La Villa costituita da un ‘insieme di aiuole, fu sistemata intorno al 1830 e contemporaneamente fu fondato l’Orto Botanico, dove Gaetano Stella – medico, studioso di scienze agrarie, membro di numerose accademie scientifiche – compì numerosi esperimenti e prove di coltivazione di piante esotiche. Fra le tante coltivazioni di piante esotiche che Stella sperimentò nelle aiuole della Villa, oltre, al riso cinese secco e al topinambur (per i quali non si conoscono i risultati della sperimentazione), quella più riuscita fu la patata edulis, la cosiddetta patata dolce, dialettamente detta patata zzucarina, importata dall’America Centrale che ebbe una rapida diffusione nella penisola salentina. “Fra le innumerevoli coltivazioni, che fanno del Salento la terra meravigliosa delle risorse e delle sorprese, vi è quella della patata dolce, la quale non manca di un certo interesse, perché rappresenta, se non proprio un’esclusività, senza dubbio una specialità locale”, scriveva lo storico Pietro Palumbo.
La ringhiera sulla recinzione in muratura fu posta nel 1859, in occasione della venuta a Lecce di Ferdinando II. Essa era costituita da numerosissimi bastioni quadrangolari in ferro terminanti a punta di lancia e agli occhi dei leccesi quei bastoni metallici apparvero talmente numerosi da pensare che a contarli tutti, uno per uno, ci sarebbe voluta almeno un’intera giornata, tant’è che fu coniato un modo di dire che divenne in breve molto popolare; per definire in senso ironico quale attività poteva svolgere uno sfaticato, alla domanda: “Ma ce fàsce quiddhru te la matina alla sira?” (“Ma che fa quello dalla mattina alla sera’”), il leccese rispondeva: “Ba mmesura li fierri te la Villa” (“Va a contare i ferri della Villa”), però il modo dire è poi caduto in disuso forse perché quella ringhiera fu divelta durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nell’area dell’ingresso vi erano delle gabbie, quella della lupa, quella dei pavoni e l’altra, più ampia, delle scimmie. Dalla presenza della lupa in cattività la denominazione popolare dei giardini pubblici di Villa della Lupa, l’animale simbolo della città di Lecce come attestato dallo stemma civica e che richiamava per assonanza l’antico nome del capoluogo salentino in epoca romana, Lupiae.
Dove oggi, al centro dell’incrocio dei vialetti di questo giardino all’italiano, si vede il tempietto con la cupola di maioliche – pare trasferito lì dall’Istituto delle Marcelline –, si trovava una specie di ampia pedana ottagonale sulla quale vi erano infissi in cerchi concentrici due o tre file di leggii in ferro, ricordo di quando, in altri tempi, la banda musicale allietava, ogni domenica mattina, il passeggio dei cittadini.
Nel 1883 era entrato in vigore il primo Regolamento del Concerto Musicale di Lecce, che obbligava i musicisti a prestare gratuitamente servizio ogni settimana presso la villa comunale. Poi in occasione della Fiera del Vino (istituita nel 1949) i leggii furono smontati e al loro posto fu collocata una fontana in pietra, che sarà poi demolita, e in seguito definitivamente sostituita.
Tra il 1886 e il 1889 trovano posto nel giardino dodici busti in marmo e pietra, raffiguranti illustri personaggi salentini (a eccezione del busto raffigurante Garibaldi), dieci dei quali opera dello scultore leccese Eugenio Maccagnani (che ricordiamo a Lecce anche il Monumento ai Caduti e a Roma per alcune statue dell’Altare della Patria), gli ultimi due di Giuseppe Mangionello. In principio disposti sul perimetro dello spiazzo circolare al centro, saranno poi spostati in altri punti della Villa e nei decenni seguenti si aggiungeranno altri busti, fino a raggiungere l’attuale numero di ventidue.
E a proposito della patata americana per i golosi e per chi, come pensa, che la conoscenza di una terra passi anche dalle papille gustative, potrebbe interessare una ricetta poco conosciuta, un dolce povero di tradizione contadina, semplice e legato alla terra, che rischia di perdersi e che forse ha le sue radici proprio nelle aiuole degli esperimenti agrari di Gaetano Stella nella Villa della Lupa, o almeno è quello che mi piace immaginare.
Ingredienti:
-Patate dolci q.b.
-zucchero semolato q.b.
-Olio di oliva extra vergine (per friggere)
Procedimento:
Pulire e pelare le patate, e lasciarle in acqua per evitare che si anneriscano troppo, poi tagliare le patate a rondelle e farle asciugare su della carta assorbente. Immergerle quindi in olio bollente poche alla volta e abbassare la fiamma per evitare che si brucino; quando le rondelle di patate risalgono in superficie e iniziano a gonfiare un po’, si possono togliere dall’olio e si lasciano scolare per bene su carta assorbente. Infine spolverare con abbondante zucchero semolato quando sono ancora calde e servire subito.
(*ricetta dal sito “Spizzica in Salento. Alla scoperta dei sapori antichi e moderni della cucina salentina”)
Sara Foti Sciavaliere
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