La cartapesta leccese: dal Museo alle botteghe
Il Castello Carlo V di Lecce è custode di pagine di storia e tradizione della città.
Tra i tesori che custodisce c’è il Museo permanente della cartapesta, che si offre ai visitatori nei locali delle vecchie scuderie della fortezza cinquecentesca, sotto il portico laterale della piazza d’armi. Qui troviamo un’esposizione di statuaria in cartapesta datata tra XVIII e il XX secolo. Alcune sono opere di autori ignoti e altre di illustri cartapestai che hanno contribuito a fare di quest’arte un’eccellenza leccese. Grande merito in quest’ambito va riconosciuto a Mauro Manieri, scultore e architetto di Lecce, che nel ‘700, secondo documenti, fonti storiche e opere del tempo, fu il primo ad aver conferito alla locale produzione di cartapesta la dignità di arte autentica e originale, seppure derivata dalla seicentesca tradizione partenopea. Seguirà la lezione del Manieri, Pietro Surgenti, soprannominato Mesciu Pietru te li Cristi (per la sua produzione di crocifissi), il primo cartapestaio leccese ufficialmente riconosciuto grazie alle fonti documentarie che accreditano la sua produzione.
Molti sono comunque i nomi di Maestri cartapestai che hanno fatto la storia di questa tradizione e le cui opere troviamo ancora nelle chiese di Lecce e del Salento, e talvolta in qualche edicola votiva. Propongo solo alcuni nomi tra altri. Giuseppe Manzo (1849-1942) è l’artista che ha realizzato il maggior numero di opere sacre, prevalentemente su committenza di ecclesiastici e confraternite, inoltre va ricordato che nel 1890 gli fu concesso il brevetto reale da Re Umberto I cosicché poté inserire lo stemma del sovrano nell’insegna del suo laboratorio. Il suo allievo, Raffaele Caretta (1871-1950), raggiunse i livelli più alti della propria produzione in opere ad alto e basso rilievo, di cui ne è un esempio il “Battesimo di Gesù nel Giordano” sul battistero all’interno della Cattedrale di Lecce. C’è chi tra i cittadini più anziani ricorda il Maestro Caretta mentre focheggiava le sue opere davanti all’Episcopio. Il battistero del Duomo vanta l’eredità di un altro maestro, Giovanni Andrea De Pascalis (1862-1895), considerato l’innovatore della modellatura in cartapesta, è autore della statua di “Ezechiele”. E come non ricordare Achille De Lucrezi (1827-1913), il quale si formò nella bottega di un barbiere cartapestaio creando presepi per poi abbandonare i vecchi convenzionalismi conferendo alle sue statue morbidezza e naturalezza nei panneggi, come mostra la grandissima statua monocroma di “Sant’Oronzo” posta sulla controfacciata della Chiesa di Santa Teresa a Lecce. Rimanendo in tema di opere di grandi dimensioni, è impossibile non menzionare Vincenzo Oronzo Greco (1810 -metà XIX secolo), allievo di Pietro Surgenti, è stato autore della più alta statua in cartapesta esistente al mondo: un “San Giuseppe Patriarca” di 5,60 m, commissionato dai Gesuiti di Lecce per la Chiesa di San Francesco della Scarpa e ancora lì collocata sull’altare maggiore. Un’altra particolarità da non dimenticare è il controsoffitto della barocca Chiesa di Santa Chiara che inganna l’occhio degli osservatori, sembrando in legno, ma in realtà si tratta di cassettoni in cartapesta.
Ma ora, immaginiamo una visita virtuale nel Museo. Prima di ammirare le belle opere esposte e scoprire le storie dei loro autori, vi consiglierei di iniziare il vostro tour dalle vetrine di destra, allestite dal Maestro Marco Epicochi, nelle quali è possibile “leggere” le fasi di lavorazione di un’opera in cartapesta, una tecnica che dal Settecento si è conservata la medesima.
Il fulcro della statua è l’anima in fil di ferro, uno scheletro rivestito di paglia legata con lo spago o il filo di canapa; sul modello anatomico si legano quindi mani, testa e piedi di solito in terracotta, se la statua non supera il metro d’altezza (altrimenti anche mani, testa e piedi saranno in cartapesta, ma a discrezione della committenza). Al manichino di paglia si potrà dunque aggiungere il rivestimento di cartapesta. I fogli di questa carta speciale, provenienti dalle cartiere di Amalfi, vengono spezzati in strisce e frammenti che vengono incollati utilizzando la cosiddetta “ponnula”, che altro non è che colla di farina, alla quale si aggiunge il solfato di rame in qualità di antisettico. Si passa alla vestizione: pezzi di cartapesta più grandi vengono inumiditi con la colla di farina e, modellandoli sul manichino, danno forma agli abiti della statua. Dopo l’essicamento – che avviene a circa 30° in ambienti chiusi in inverno e all’aperto in estate – sarà dunque la volta della focheggiatura: si procede con dei ferri arroventati nel carbone, che passati con brevi pressioni sulla statua eliminano eventuale imperfezioni dei panneggi dell’abito e in generale lisciano a fuoco la superficie. Seguirà la gessatura – con vari strati di gesso di Bologna e colla di coniglio, fino a uno spessore di 1cm – levigata poi con carta vetro a grana sottile, e quindi la coloritura che prevede una prima stesura di colori a tempera e una seconda ad olio.
Una tradizione che ha preso vita nelle botteghe sparse nei vicoli e nelle corti del centro storico di Lecce e che ancora oggi ritroviamo, in un passato che incontra la modernità conservando immutate le sue peculiarità, capace di donare la meraviglia della bellezza di un’arte senza tempo. E anche questa è la meraviglia di Lecce, che attraverso gli eventi e le visite guidate tematiche e inedite vengono proposte da TMP, in un’esplorazione del patrimonio di Lecce, del Salento e del territorio pugliese, che può rinnovarsi continuamente.
Vi invitiamo a visitare il Museo della Cartapesta partecipando ai tour guidati del progetto Attraverso il Castello, un progetto di 34° Fuso e The Monuments People in collaborazione con la Soprintendenza dei beni culturali di Brindisi e Lecce.
Sara Foti Sciavaliere
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